martedì 6 gennaio 2009

A Napoli fanno solo chiacchiere

si potrebbe aprire un dibattito su questo sindaco così inusuale per il nostro paese

SINDACO DI SALERNO DE LUCA : ” A NAPOLI FANNO SOLO CHIACCHIERE “
http://irpinianelmondo.wordpress.com/2008/09/26/sindaco-di-salerno-de-luca-a-napoli-fanno-solo-chiacchiere/

Pubblicato da irpinianelmondo su Settembre 26, 2008

26.9.2008-Centralismo democratico in salsa liberal-gobettiana. È questa la ricetta segreta del longevo Enzo De Luca. Che vive, nella repubblica autonoma di Salerno, felicemente il suo terzo mandato da sindaco. Che poi è riduttivo chiamarlo così: un terzo sceriffo, un terzo re, un terzo uomo del popolo. Il fenomeno De Luca a Salerno dovrebbe essere studiato quanto e come quello della Lega al Nord. Feticci (i manganelli e San Matteo), populismo e innovazione vanno a braccetto lungo via Roma fino al fascistissimo municipio dove, regno deluchiano, campeggiano mosaici tricolore con la scritta Spqs e un salone dei marmi che manco il Museo nazionale. Con gli occhi napoletani Salerno fa venire l’orticaria. Tempo qualche mese e scompariranno pure i cassonetti per i rifiuti. E la chiamavano emergenza. Un assaggio è proprio davanti al portone principale di Palazzo di città: dove si notano appena quattro «bocche» metalliche (in acciaio très chic). I sacchi gettati nelle bocche finiscono sotto terra. Si risparmia spazio, ne acquista l’estetica, ci guadagna il Comune con qualche posto auto in più. Facile no? Nel porto ci sono le navi da crociera Msc, che vomitano svedesi, americani e tedeschi. La società ha scelto Salerno come base strategica «perché la città è tranquilla», orgoglio deluchiano. A Cupa Siglia, dalla parte opposta, al confine con Pontecagnano, sorgerà il termovalorizzatore salernitano. In attesa dell’apertura delle buste che decreteranno il vincitore della gara, il Comune sta costruendo le strade di accesso. «Questo è il modello Salerno», comincia il sindaco. Che su un argomento è assai refrattario: Regione, bassolinismo e chi più ne ha più ne metta. Ma alla fine qualcosa dirà.
L’assessore Cascetta ha detto: «Nel Sud manca la politica dei risultati ». È d’accordo?
«Nel Sud forse, a Salerno no. Perché noi ci proponiamo da sempre per quello che facciamo, non per quello che diciamo. Ogni anno appaltiamo 230 opere, che stanno cambiando il volto della città».
Per esempio?
«Siamo partiti dal piano regolatore affidato all’architetto Bohigas. L’anno prossimo chiuderemo un blocco straordinario di opere: la stazione marittima di Zaha Hadid, un gioiello. Poi sarà la volta della parte strutturale della cittadella giudiziaria di Chipperfield, e ancora il palazzetto dello sport di Scarpa. Partirà la realizzazione del nuovo porto turistico Marina di Arechi firmato da Calatrava, che realizzerà anche il waterfront. E piazza della Libertà disegnata da Bofill e infine i lavori di Nouvel nell’ex pastificio Amato e a Fratte il centro direzionale di Fuksas».
Con quali risorse verranno realizzate queste opere?
«Le risorse derivano da una gestione francescana del Comune. Non c’è un consulente, io li chiamo parassiti, si discute anche il contributo di duemila euro alla parrocchia. Ingenti fondi poi derivano dalla Bucalossi (legge per l’edificabilità dei suoli, ndr) e abbiamo importanti programmi di recupero dell’evasione. Grazie a un solo software possiamo sapere in tempo reale se un cittadino paga le tasse comunali oppure no».
Il modello Salerno dunque punta su una macchina amministrativa efficiente. Quanto tempo c’è voluto per organizzarla?
«Dal punto di vista filosofico ventiquattro ore. Appena eletto, dalla sera alla mattina, ho fatto ruotare tutti i dirigenti che hanno il brutto vizio di pensare che governino loro, perché la politica passa. Io gli ho fatto capire chi comandava. E devo dire che si sono adeguati tutti. Anche perché abbiamo un sistema di incentivi notevole».
Di solito si dice che una città media, come Salerno, non può essere paragonata a una metropoli, come Napoli. È d’accordo?
«Un alibi tanto idiota, quanto immotivato. Sa quante risorse arrivano a Napoli per ogni abitante? Più che a Roma. Eppure resta l’unica città al mondo dove è impossibile dare un appuntamento: non sai mai a che ora arriverai. Sono alibi che servono per non fare nulla».
Ma lei conosce i problemi di Napoli?
«I cortei dei disoccupati? A Salerno gli abbiamo tirato calci nei denti. Non può esistere alcuna corsia preferenziale. Rispettiamo chi studia, non chi rompe le scatole. Certo qualche volta abbiamo rischiato anche fisicamente. Ma poi la storia è finita. Vogliamo parlare dei senzatetto?».
Parliamone.
«Abbiamo fatto indagini patrimoniali sui comitati. Abbiamo scoperto che molti avevano non una, ma due case. È un problema politico se Napoli è com’è. Con questo non dico che il mio modello è l’unico valido, rivendico solo il mio lavoro nei confronti degli amici napoletani. Il bilancio di una città non c’entra con le sue dimensioni: lo puoi approvare a dicembre come facciamo noi o a giugno come fanno a Napoli. Questione di stile di governo».
Lei come si definisce politicamente?
«Liberale-gobettiano».
Scusi che ci faceva nel Pci prima e cosa ci fa nel Pd ora?
«Grazie a Gobetti ho conosciuto Gramsci. Ma il Pci non c’entra nulla con il Pd. Il centralismo democratico è stato riscoperto alla grande solo da Berlusconi».
E il Pd cos’è per lei? Un partito in difficoltà?
«La situazione è creativa e originale. Rischiamo di avere le correnti e non un partito. Veltroni deve essere sostenuto nel suo sforzo di innovazione ».
Ma non era dalemiano? ( Glissa sull’argomento)
«All’inizio ero preoccupato per i toni propagandistici del Pd nei confronti del governo. Ma ora credo che bisogna sostenere la sfida di trasformare il sistema politico italiano e per me concludere la lunga storia del trasformismo di questo Paese».
Sostiene anche la classe dirigente del partito? Tutta? Anche la campana?
«Il Pd se vuole accettare questa sfida deve operare una svolta radicale nei suoi gruppi dirigenti. Anime morte. La grandezza della Dc e del Pci stava nel radicamento sui territori. Ora i dirigenti di partito non rappresentano neanche il loro sospiro, l’unica qualità che hanno è che sanno fare pubbliche relazioni. Occorre gente che viene dalla terra».
Il Pd ha anche un problema di alleanze: da solo non vince. Per lei dovrebbe sfondare al centro o a sinistra?
«Per me deve sfondare al centro, a sinistra e a destra se si vuole vincere. Ci si gioca un futuro solo sulla credibilità dei gruppi dirigenti. E in Campania abbiamo prodotto solo statisti, non buoni amministratori».
L’analisi di Isaia Sales ha riaperto il dibattito sui limiti del quindicennio bassoliniano…
«Ma perché questi dibattiti non li lasciamo agli amici napoletani, agli opinion makers il cui orizzonte mentale spazia da Bagnoli a Ponticelli? Questo ceto intellettuale che critica quello politico ma si parla addosso allo stesso modo. Io lavoro».
Parlare del passato significa guardare alla futura leadership regionale, non le interessa?
«Ah certo, la Regione intesa come l’area con sei milioni di abitanti e mille problemi certo che mi interessa e farò prevalere le mie ragioni. Ma per il resto io mi godo il sonno del giusto, consapevole che più sei coglione più fai carriera nei nostri partiti. Io nel 2000 avevo detto che c’era un’emergenza rifiuti ed era necessario l’intervento della protezione civile e dell’esercito. Nel 2000, ok? Nel 2004 ho detto la mia sulla Regione».
Lei all’epoca chiamò la classe dirigente regionale «maggiordomi». Parlò «di elementi di incongruenza» nella gestione della sanità. Per quanto riguarda i fondi europei affermò che dovevano essere «concentrati e non dispersi» e infine disse: «Dobbiamo avere la forza di essere opposizione a noi stessi». A quattro anni di distanza conferma tutto?
«Confermo tutto. Avevate dubbi?».
Corriere del Mezzogiorno
Simona Brandolini

Nessun commento: