sabato 27 settembre 2008

Cheese connection

http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/cronaca/rotte-form-avariato/rotte-form-avariato/rotte-form-avariato.html


Ecco come la grande truffa porta i veleni nei nostri negozi
Prodotti a basso costo nelle ex repubbliche sovietiche, in Cina e India
Sulle rotte del formaggio avariato tra porti, società off shore e camorra
Lo smistamento avviene a Ceuta, enclave spagnola in Marocco. Anche italiani i cervelli"
PAOLO BERIZZI

Ceuta ciudad abierta è scritto sul cartello di benvenuto al di là del confine tra Spagna e Marocco. Superato il filtro della Guardia Civil ? tra i profili sgangherati e il respiro rugginoso dei taxi Fiat 132, in mezzo ai frontalieri marocchini che si avviano a fare incetta di qualsiasi merce da rivendere in Africa ? , da subito, in questa enclave spagnola sullo stretto di Gibilterra, ti accorgi che quasi nulla è, o accade per caso.

Gli avamposti militari, le palme spettinate dal vento. Il porto che tutto ingoia, che si interfaccia con quello di Algeciras, sull'altra sponda dello stretto. Poche miglia di Mediterraneo e danzano come mulinelli i miliardi della "cheese connection". Qui s'incrociano le rotte mondiali di una delle più grosse frodi alimentari che l'Europa abbia mai conosciuto.

Migliaia di tonnellate di formaggio e derivati lattiero caseari importati illegalmente dall'Asia. Dalla Russia (e Bielorussia, Ucraina, Georgia, Moldavia), dall'India, dalla Cina. Centinaia di container pieni di merce prodotte da fattorie e aziende di paesi "non conformi": che non possono cioè esportare in Europa poiché non allineati ai livelli standard - igienico-sanitari e di lavorazione - imposti dalla Ue. E però questi container arrivano, ugualmente. Cinquecento tonnellate ogni settimana. Soltanto nei porti di Ceuta e Algeciras.

Duemila al mese. Ventiquattromila all'anno. Derrate di cui prima era praticamente impossibile rintracciare l'origine e il percorso. Troppi passaggi e cambi di mano, troppe "triangolazioni". Ora gli investigatori dell'Olaf (l'Ufficio europeo per la lotta alle frodi) in sinergia con alcune polizie del Vecchio continente hanno avviato una dura offensiva contro i pirati mondiali della sofisticazione e dell'adulterazione lattiero casearia. Stanno scoprendo che ai vertici della filiera ci sono anche e soprattutto italiani. Imprenditori milionari. Legati a clan criminali (ai casalesi della camorra casertana e alle famiglie attive nella Campania avellinese e nell'hinterland napoletano), o businessman indipendenti. Ma non meno spudorati.
L'obiettivo delle indagini è stroncare la tratta all'origine. Se ne stanno ricostruendo le complesse ramificazioni. Come funziona il giro. Su quali rotte viaggia. Chi lo gestisce. "Buona parte dei prodotti acquistati dagli stabilimenti europei, soprattutto italiani, spagnoli e inglesi, provengono da Russia, Cina e India - spiega da Bruxelles uno degli esperti anti frode - . Formaggi, caseina (le proteine del formaggio, ndr), latte, latte in polvere, prodotti semilavorati: difficile, oggi, se non impossibile, garantire sulla loro qualità. I trafficanti acquistano a 5, dai paesi di produzione, e rivendono a 10, a Ceuta, a Tunisi o a Algeri. Cambiano le etichette, scrivono che il formaggio arriva dalla Nuova Zelanda e invece arriva da Pechino o da Minsk (Bielorussia). Lo fanno in più passaggi, potendo contare, certo, su autorità portuali particolarmente corrompibili. Il tutto a danno della salute dei consumatori".

Una tonnellata di formaggio in Russia costa 2 mila euro; quando arriva a Ceuta il suo prezzo lievita a 4 mila. Per 1000 kg di caseina cinese bastano 3500 euro; se tu azienda italiana o spagnola la acquisti quando "transita" dal Nord Africa di euro devi sborsarne 7 mila. Ma poi la rivendi di nuovo al doppio. Libero mercato? No. Frode. Multiforme, subacquea. I canali di approvvigionamento e le corsie di trasporto sono sparse su tre continenti. Asia. Africa. Europa.

Arrivano in Italia, dopo incredibili "sponde" extraeuropee, i formaggi "low cost", e le nostre industrie sanno bene come utilizzarli. Fa niente se - come documentano i recenti sequestri - sono scaduti o avariati. Basta mischiarli con il prodotto fresco. Come facevano le aziende "riciclone" di Cremona e Piacenza smascherate dalla Guardia di Finanza. Ritiravano formaggio avariato (destinato alla zootecnia) da grandi marchi nazionali e internazionali. Lo "ripulivano" e lo immettevano nel circuito alimentare. A volte rivendendolo agli stessi fornitori tra cui figurano marchi come Galbani, Granarolo, Biraghi, Medeghini, Ferrari.

Non è un caso che gli investigatori stanno accertando avviati legami commerciali tra i titolari di queste aziende (Domenico Russo, della Tradel di Casalbuttano, e Alberto Aiani, della Delia di Monticelli d'Ongina che è collegata a due aziende di Barcellona, già arrestato il primo, denunciato il secondo) e un terzo imprenditore, italianissimo, a capo di un'industria che ha sede proprio a Ceuta. Qui si sono posati i riflettori della polizia olandese e dei carabinieri delle politiche agricole.

Da e per l'enclave spagnola, il cui territorio fa parte del sistema doganale dell'Ue (è qui il trucco), passano quantitativi enormi di "lavorati" da piazzare sul mercato europeo. Porto franco e porto sicuro. La conferma arriva dal dossier sul quale stanno lavorando i detective dell'Olaf. Ceuta è uno snodo strategico. Ma la tratta parte da molto più lontano. Porto di Odessa, Ucraina. Dalle banchine sul Mar Nero i produttori asiatici vedono partire il frutto del loro lavoro: due settimane di navigazione e le navi arrivano a destinazione.

Scali intermedi: Tunisi e Algeri. Qui viene fatto un primo maquillage. Che significa: cambiare le etichette di provenienza della merce, farla risultare "pulita" e in regola, e cioè esportata da paesi "conformi". Quelli autorizzati a vendere alle nostre aziende. Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada. Gli investigatori ipotizzano che dal Nord Africa siano passati grossi quantitativi di latte alla melamina prodotto a Pechino: una scorciatoia per aggirare le frontiere europee, per permettere alla Cina di esportare da noi nonostante i rigidi divieti.

Dopo i transiti nordafricani i container possono ripartire con appiccicati sopra marchi posticci. A Ceuta e ad Algerciras li aspettano come l'oro. Ancora mezz'ora di mare, da una sponda all'altra dello stretto di Gibilterra. Poi i muletti s'infilano nella pancia dei bastimenti, e iniziano a scaricare. "Cina? No grazie, io mangio solo formaggi italiani", dice il ministro dell'agricoltura, Luca Zaia.

Già, peccato che a decine di importatori nostrani il mercato asiatico non dispiaccia affatto. Sono i clienti dei banditi del formaggio. Nel giro si conoscono tutti. Stessi canali di rifornimento. La pirateria casearia - aggiunge uno degli uomini che partecipano alle indagini - attira, tra gli altri, potenti magnati russi che godono di protezioni da parte dell'oligarchia del Cremlino. Nel risiko della megatruffa alimentare, i loro traffici si incrociano, anche geograficamente, con quelli dei cartelli criminali della Campania. E con le aziende "virtuose" del profondo Nord.

Da Ceuta a Salerno hanno viaggiato le 90 tonnellate di formaggi scaduti che i carabinieri delle politiche agricole hanno sequestrato pochi giorni fa su ordine della Procura di Nocera Inferiore (Salerno). La camorra (tre arresti, 16 denunce) acquistava nell'enclave spagnola, lavorava chimicamente il prodotto, e lo rivendeva a grosse aziende nazionali. Come? La "cheese connection" dispone di braccia tanto quanto di sofisticate menti finanziarie. C'è una società off shore con sede a Ginevra, uffici in un elegante boulevard. Fa da "lavanderia": fattura tutta la merce "triangolata" dall'Asia; "ripulisce" i contratti di importazione stipulati da un'altra grossa società olandese con sede a Bladel, 40 km a Sud di Eindhoven.

Il gioco è fatto: le derrate arrivano a Ceuta già targate Suisse. Tutto è apparentemente a posto. Eccolo, dunque, il triangolo della mafia del formaggio: Odessa, Ceuta, Ginevra. In mezzo ci sono almeno cinque Paesi europei, tra cui l'Italia, che ogni settimana buttano linfa vitale nelle vene dell'organizzazione. I sequestri a macchia di leopardo sul nostro territorio altro non sono che piccoli balzelli che il sistema deve pagare alla giustizia. Ma i motori della frode funzionano a pieni giri. Spostano il formaggio e i suoi scarti da un continente all'altro: li trasformano in euro sonanti. Al porto di Ceuta sono le sei del mattino e il sole sta nascendo: il primo bastimento diretto a Algeciras si è appena staccato dal molo Espana. L'orizzonte sfuma le linee dei container.

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