mercoledì 3 settembre 2008

Altre voci da Cuba

http://www.liberazione.it/a_giornale_index.php pag. 12
«Tutta la memoria de L'Avana in un vecchio jukebox americano»
Guido Caldiron
«Fin dagli anni Venti L'Avana era la città della musica, dei bagordi a qualunque ora, delle bevute a ogni angolo (...) Poi, gli anni Trenta e Quaranta sono stati i tempi delle sale da ballo, dei circoli sociali e dei primi cabaret importanti con il casinò (...) Ma negli anni Cinquanta c'è stato il boom, sono stati aperti nuovi alberghi, tutti con il cabaret, e hanno cominciato ad andare di moda i night club, ce n'erano non so quanti al Vedado, a Miramar, a Marianao (...) Era l'epoca della gente del feeling , e delle boleristas sentimentali, come le chiamavo. Erano donne speciali, cantavano per la voglia di cantare e sul palcoscenico si offrivano anima e corpo, vivevano i testi delle canzoni e trasmettevano pura emozione. Violeta del Rìo era una di loro...».
Sontuosa e decadente, L'Avana e la sua musica sono i veri protagonisti del suo ultimo romanzo, La nebbia del passato (Tropea, pp. 350, euro 16, 90), omaggio alla città che fu, alla vita dannata e splendente della Cuba degli anni Cinquanta. Il detective Mario Conde, protagonista di molte sue opere, torna in attività per indagare nella memoria dei cubani e sulla scomparsa di una celebre cantante di bolero. Sullo sfondo la "dolce vita" habanera dell'epoca tra grandi orchestre, casinò e corruzione.
Leonardo Padura Fuentes è uno dei maggiori scrittori cubani contemporanei, ha pubblicato oltre una decina di romanzi e è uno dei protagonisti del Festivaletteratura che si apre oggi a Mantova e che si concluderà domenica 7 settembre (l'incontro di Padura Fuentes con il pubblico del Festival, coordinato da Paolo Zaccagnini si svolgerà alle 15,30 nel Chiostro del Museo Diocesano).
Nato e cresciuto all'Avana, Padura Fuentes viene frequentemente presentato come un esponente della "novela negra", ma i codici del noir gli servono soprattutto per scandire il ritmo di una narrativa urbana che porta in sé la memoria dei luoghi e delle persone e che nei fatti rappresenta il volto più credibile della cultura cubana di oggi. Per questo nei suoi romanzi come nelle sue parole il disincanto per il clima politico dell'isola non ha mai i toni della retorica, quanto piuttosto quelli della ricerca di una possibilità di vita e di libertà che sfugga alle norme e ai divieti imposti. E' lo spirito sornione e ribelle de L'Avana che ha il sopravvento: violare le rogole, ma sorridendo.

Mario Conde viaggia nel tempo e ci riporta nell'Avana torbida e seducente degli anni Cinquanta, ma i cubani che memoria hanno di quel periodo, di quella stagione che sembra così lontana dalla realtà di oggi?
La generazione dei miei genitori che erano giovani negli anni Cinquanta ricorda quel periodo con nostalgia. Quanto alla mia generazione, che è nata in quegli anni ma è cresciuta con la rivoluzione, ha di quell'epoca una memoria un po' confusa: da un lato c'erano i ricordi familiari, dall'altro la propaganda che descrive quel periodo come il peggiore della storia dell'isola. La mia memoria è poi ancora più complicata. Nel senso che gli anni Cinquanta a casa mia sono durati molto più che un decennio. Anzi, direi che non sono mai finiti. I miei genitori si sono conosciuti in quel periodo, nel '55 sono nato io, hanno costruito allora la casa in cui viviamo ancora oggi tutti insieme: loro al piano terra, io di sopra. Mio padre nel '58 ha comprato una Plymouth di quelle con "le code" sui fari, con cui andavo regolarmente al mare da ragazzo. Poi c'è il jukebox! Un jukebox americano che i miei avevano comprato all'epoca e che per molto tempo è stato nel negozio di famiglia, prima che ce lo riportassimo a casa: lo avevamo adattato in modo da non doverci mettere le monete ogni volta, per sentire i dischi. Anche il televisore, un enorme Philco - una marca americana che non so se esiste ancora - era stato comprato pochi anni dopo insieme ai mobili. Insomma devo ammettere di avere avuto davvero per lungo tempo una relazione sentimentale speciale con gli anni Cinquanta.

Esiste perciò una memoria individuale che non è stata scalfita da quella ufficiale, di Stato? Eppure Cuba è cambiata enormemente da allora, no?
Certo, ed è cambiata in meglio. Ciò detto, io continuo a vivere nello stesso quartiere de L'Avana dove sono nati e cresciuti mio padre, mio nonno e il mio bisnonno. Tutta la mia famiglia ha sempre vissuto lì, poi alcuni hanno deciso di emigrare negli Stati Uniti. Questa partenza ha rappresentato una cesura vera nella nostra storia, non per motivi politici o altro ma perché tutte le nostre vicende si erano fino a quel momento svolte lì, in quella parte della città. Forse anche per questo io ho deciso di restare a vivere a Cuba: volevo conservare le cose con cui sono cresciuto, quel modo di guardare alla vita che ha sempre contraddistinto la nostra famiglia. Mio padre è un massone, ma nel senso che la massoneria ha a Cuba, vale a dire come elemento di fraternità e di condivisione di una cultura, niente a che fare con la vostra P2. Mia madre è cattolica, ma anche qui nel senso che questa parola ha da noi: lei può andare a messa come partecipare a una cerimonia della santeria, senza contraddizione alcuna. Tutto questo è entrato dentro di me e fa parte del mio modo di essere cubano... Ho risposto alla sua domanda?

Solo in parte. Non si capisce bene se l'isola è chiusa su stessa come spesso appare - anche in senso culturale - o se è invece un luogo in cui si percepiscono fermenti e segnali nuovi, o che vengono dalla storia locale di un tempo. Come stanno le cose?
Negli anni Sessanta Cuba era un paese isolato, con gli Usa si erano interrotte le relazioni diplomatiche e ogni tipo di contatto. Negli anni Settanta c'è stata la piena sovietizzazione e questo ci ha avvicinato ad un mondo, quello del blocco dell'Est che in realtà non aveva niente a che fare con noi dal punto di vista culturale o geografico. Infine, dagli anni Ottanta abbiamo ricominciato ad affacciarci al mondo, ma con dei vincoli piuttosto forti. Negli anni Novanta con la caduta dell'Urss e l'arrivo della crisi economica siamo stati abbligati ad aprirci al mondo e specie grazie al turismo i cubani hanno ricominciato a conoscere quanto accadeva altrove. Inoltre è ripreso il contatto tra la diaspora cubana, tra chi ha scelto l'emigrazione e l'esilio. e chi è rimasto a vivere sull'isola. Allo stesso modo c'è stata una sorta di liberalizzazione sul terreno culturale che ci ha permesso di valorizzare quanto si è prodotto nel frattempo a Cuba: è qui che nasce il fenomeno di Buena Vista Social Club che ha fatto conoscere L'Avana e la storia della sua musica in tutto il mondo.

Quindi scrivere libri non le ha consentito solo di viaggiare per il mondo e essere un po' più ricco dei suoi concittadini: è servito anche al resto dei cubani?
Credo che la letteratura, il cinema, la cultura in generale abbiano contribuito a creare a Cuba uno spazio di riflessione e di apertura, e questo malgrado il clima politico complessivo. Anche quando la società ha attraversato le sue fasi più difficili come negli anni Novanta, con una forte crisi economica e l'immobilismo più totale sul piano politico, la cultura ha offerto questa possibilità di confronto con l'esterno
e una chance di libertà per tutti. E poi non sono mica tanto ricco.


03/09/2008

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