martedì 9 giugno 2009

Hamas applaude Obama

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«America e Islam non devono essere in competizione. Ma si sovrappongono e condividono gli stessi principi di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani».
L'applauso della folta platea dell'università del Cairo interrompe per qualche istante l'atteso ed emotivamente coinvolgente discorso di Obama al mondo musulmano. Barack è il primo presidente nero della storia statunitense, ma vuole essere ricordato nel mondo arabo e in Medio oriente anche come il presidente della nuova era di riconciliazione e pace. «Sono venuto qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti e il mondo musulmano basato su mutuo interesse e mutuo rispetto», dice poco prima del saluto in arabo: "Salam alekum" e la platea è oramai tutta sua.
Solo in un altro momento la tensione, tra i consueti flash e applausi, sarà più forte: l'ovazione del pubblico è per la citazione del Corano «siate consapevoli di Dio e dite la verità». Primo richiamo al testo sacro dell'islam di altri due che scandiranno i 55 minuti di monologo. Una trovata che non costituisce sorpresa per chi conosce le straordinarie abilità oratorie evocative del presidente, ma sicuramente un regalo piacevole per i musulmani all'ascolto. E poi ancora applausi, molti, forti. Soprattutto quando il suo sorriso lascia il posto alla solennità dell'annuncio del ritiro statunitense dall'Iraq - che con inizio il prossimo mese, sarà completato entro la fine del 2011 - o quando scandisce la parola democrazia, parlando di governi trasparenti che lavorano per il popolo, e di diritti delle minoranze. E dalla platea arriva anche un «bravo».La democrazia di Obama però non è la scelta imposta da una nazione su un'altra, ma è il modo per migliorare la qualità della vita, di tutti. Nessun riferimento esplicito ai governi dei Paesi arabi, ma una chiara definizione: democrazia non significa solo elezioni. Abile ed elegante anche il passaggio sull'Iran e sul nucleare. Obama sa che nel mondo arabo i sostenitori della bomba atomica di Teheran ricordano che anche Israele ce l'ha e da sempre. Così senza alcun riferimento esplicito a Tel Aviv, ma tenendola bene in mente, Barack sgombra il campo da equivoci: «Noi vogliamo un mondo in pace, dove nessun Stato possegga la bomba nucleare».Ad Israele il messaggio invece arriva esplicito quanto si parla di pace con i palestinesi. Due gli obiettivi della nuova politica Usa in Medio oriente: diritto per palestinesi e israeliani a vedere realizzate le singole aspirazioni con la creazione di due Stati; congelamento degli insediamenti israeliani in terra palestinese.Riferimenti che non devono essere piaciuti troppo al governo di Netanyau e che hanno scatenato le ire dei coloni in Cisgiordania per cui '«Hussein Obama ha dato priorità alle bugie degli arabi" . Eppure il presidente non manca di riconoscere che il suo paese "ha un legame indissolubile con Israele». Ma ricorda anche che i palestinesi hanno vissuto 60 anni di «umiliazioni quotidiane» a causa dell'occupazione.Così, se l'Olocausto non va dimenticato - il capo della Casa Bianca oggi visiterà il campo di concentramento di Buchenwald in Germania - «non possiamo negare che il popolo palestinese ha sofferto per la ricerca di una patria». Parole che costringono Hamas, nonostante il chiaro richiamo di Obama contro l'uso della violenza da parte del gruppo islamista, a tendere la mano. E davanti alle telecamere di al Jazeera il ministro degli Esteri di Hamas poco dopo il discorso del presidente si trova ad apprezzarlo come «tappa important» nel processo di pace, con l'auspicio di «ogni forma di dialogo con l'amministrazione Usa, fondata sul rispetto delle scelte democratiche dei popoli». Ma la politica statunitense è anche altro. Nonostante il mondo debba essere grato all'islam per il suo contributo di secoli di conoscenza, esistono tra i musulmani gli estremismi. E' il turno di Afghanistan, Pakistan, Iraq. L'invasione Usa dell'Afghanistan è stata ben altra cosa rispetto a quella dell'Iraq. "Non è stata una scelta" , l'11 settembre 2001 gli estremisti avevano ucciso più di 3000 innocenti. Quegli estremismi vanno combattuti, per questo gli americani restano in Afghanistan. L'occupazione di Baghdad invece è stata una scelta. Che oggi avrà un'inversione di tendenza: «Voglio ridare l'Iraq agli iracheni», dice Obama. Nessuna esplicita scusa per la politica di Bush, ma le sue parole strappano un applauso lungo. Simile solo a quello che concluderà il discorso dedicato ai diritti universali: di religione prima, delle donne poi. E' chiaramente il padre di due bambine quello che negli ultimi dieci minuti davanti ai microfoni assicura al mondo musulmano di essere «contrario a chi in Occidente vuole vietare l'hijab», ma ribadisce a gran voce che «negare l'istruzione alle donne significa negare l'uguaglianza». E Washington si impegnerà nella cooperazione con le nazioni arabe per assicurare sviluppo, fatto di prosperità economica ma anche di opportunità, soprattutto per i giovani. Che devono oggi più che mai essere coscienti della loro capacità "di ridisegnare il futuro mondiale". Ma intanto ieri il presidente degli Stati Uniti quel futuro lo ha tracciato, almeno in Medioriente. «Inshallah, lo farà», sperano oggi gli arabi.

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