lunedì 31 agosto 2009

Giappone, dalle urne svolta storica

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/esteri/giappone-elezioni/giappone-elezioni/giappone-elezioni.html

A pesare sul tracollo dei liberaldemocratici la crisi economica e l'occupazione ai minimi storici
Il futuro premier Hatoyama convoca un vertice per preparare il nuovo Governo
Giappone, dalle urne svolta storica
Vincono i democratici, Aso si dimette

TOKYO - I democratici giapponesi (Minshuto) spediscono i liberaldemocratici (Jiminto) all'opposizione dopo 54 anni di potere quasi ininterrotto. E' quanto indicano gli exit poll della tv pubblica incoronando come uomo della svolta Yukio Hatoyama, ex membro del Jiminto, figlio dell'establishment nipponico che fondò il Partito democratico proprio per scalzare i suoi ex colleghi. L'attuale premier Taro Aso si dimette: "E' colpa mia". Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha definito "storico" il voto in "una delle più grandi democrazie del mondo". "Confidiamo - ha aggiunto - che la forte alleanza Usa-Giappone e la partnership tra i due Paesi continui ad essere fiorente con la prossima leadership di Tokyo". Il presidente Barack Obama, ha concluso Gibbs, "attende di lavorare con il nuovo primo ministro giapponese su una vasta gamma di questioni globali, regionali e bilaterali".

Gli exit poll. La tv giapponese e l'edizione online del quotidiano Yomiuri Shinbun hanno pubblicato le stime subito dopo la chiusura delle urne alle 20 locali (le 13 in Italia): il Partito democratico, nato 11 anni fa dalla confluenza di diverse anime politiche, dovrebbe ottenere oltre 300 seggi sui 480 in palio. Hatoyama - secondo la prassi che vuole il leader del partito di maggioranza diventare premier - dovrebbe formare un nuovo governo in coalizione con altre piccole formazioni: il Partito socialdemocratico (tra i 4 e i 15 seggi), il Nuovo partito del popolo (3-6) e i comunisti (7-18). La maggioranza potrebbe quindi contare su un blocco di 302-350 seggi sui 480.

Una svolta storica. Il risultato, ampiamente previsto dai sondaggi delle scorse settimane, rende per la prima volta il Jiminto partito di minoranza. La continuità al governo era stata interrotta per undici mesi nel 1993-94 da una coalizione formatasi attorno a Morihiro Hosokawa, ma i liberaldemocratici erano comunque usciti dalle urne come il partito di maggioranza relativa.

Gli sforzi del premier. Taro Aso, leader del Kiminto e primo ministro ha cercato fino all'ultimo di attribuire al suo governo, in coalizione col partito neobuddista Komeito, una politica economica che avrebbe portato a una ripresa nel secondo trimestre dell'anno. Non è bastato ad annullare un'immagine negativa che ha spinto i livelli di consenso attorno al 20% nei sondaggi degli ultimi mesi. Tra l'altro, la diffusione del dato sulla disoccupazione di luglio, al record storico negativo (5,7%), sembra aver pesato fortemente sugli orientamenti elettorali.

Le dimissioni di Taro Aso. Il segretario generale Hiroyuki Hosoda ha annunciato le dimissioni sue e dell'intera segreteria. A stretto giro sono arrivate anche le dimissioni del premier Taro Aso: "Il risultato è molto severo e credo che si debba riflettere su questo per una nuova partenza. Per parte mia, mi prendo la responsabilità della sconfitta".

La dinastia di Aso. Considerato un falco per le nette posizioni conservatrici e nazionaliste, è discendente di una grande dinastia imprenditoriale del Kyushu, nell'estremità meridionale dell'arcipelago. Primo premier di fede cattolica, è nipote del primo ministro Shigeru Yoshida, "padre" del Giappone del dopoguerra: una parentela pesante che, secondo alcuni, è stata la ragione stessa della sua presenza nella Dieta, partita nel 1979 con l'elezione alla Camera bassa.

La popolarità. Più che per i successi politici, Aso è diventato popolare per le dichiarazioni controverse che gli sono valse la fama di gaffeur. Molti i commenti di stampo razziale (il Giappone è "Paese di una sola razza, una sola lingua, una sola cultura"), sociale (si è fatto beffa dei problemi di memoria citando i malati di Alzheimer) e, soprattutto, diplomatico, come quando ha definito la Cina una "minaccia". Negli ultimi giorni della legislatura, sopravvissuto agli attacchi frontali di illustri compagni di partito che chiedevano la sua testa, Aso ha giocato a sorpresa la carta dell'umiltà, scusandosi con la nazione per gli insuccessi del suo governo e chiedendo un'altra chance. Appello inutile, visto come si è espresso l'elettorato nipponico.

Il nuovo governo. Yukio Hatoyama ha convocato per lunedì un vertice di maggioranza per la formazione di un nuovo governo e ringraziato pubblicamente i suoi elettori, parlando di "voto di cambiamento". Il suo programma prevede una serie sostanziosa di aiuti a famiglie, precari e piccole e medie imprese, con l'idea di far ripartire la domanda interna. In politica estera Hatoyama, pur ribadendo la centralità dell'alleanza strategica con gli Stati Uniti, ha promesso un ruolo più incisivo nell'Asia orientale e un rapporto più disteso con la Cina.

L'ingegnere del cambiamento. Hatoyama, 62 anni, è il classico esponente dell'establishement "dinastico" della politica nipponica, membro di una famiglia spesso definita "i Kennedy del Giappone". Nipote di un ex presidente, figlio di un ex ministro degli Esteri e fratello dell'ex titolare della Giustizia, anche lui viene dalle file del Jiminto. L'ha lasciato nel 1993 per fondare il Partito democratico. E' ingegnere laureato all'università di Tokyo e specializzatosi a Stanford, negli Usa. E' al suo sesto mandato parlamentare ed è nipote, da parte di madre, del fondatore della multinazionale del pneumatico Bridgestone. Un esponente, insomma, dell'élite politica ed economica dell'arcipelago. Cosa che però non gli impedisce di farsi paladino di una politica che promette di aggredire il monopolio della burocrazia e ridurre gli sprechi per sostenere il reddito delle famiglie. La moglie si chiama Miyuki ed è un'ex attrice nata a Shanghai quando la città cinese era occupata dai giapponesi. Si dice che proprio la consorte spinga il futuro premier a guardare di buon occhio un rapporto più stretto con Pechino. E' comunque certo che romperà la tradizione di "first lady" invisibile tipica delle mogli dei primi ministri nipponici.

(30 agosto 2009)

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