lunedì 4 maggio 2009

Cosa vuole l'Europa?

articolo interessante. Un altro punto di vista.
Pensare che è datato 5 anni fa.

http://zinternational.zcommunications.org/Italy/zizek-europe.htm


Nei mesi precedenti l'entrata della Slovenia nell'Unione europea, quando un giornalista straniero mi chiedeva quale nuova dimensione avrebbe apportato la Slovenia all'Europa, la mia risposta chiara e immediata era: NIENTE.
La cultura slovena � ossessionata dall'idea che, nonostante siamo una piccola nazione, siamo una superpotenza culturale: possediamo un tesoro intimo di capolavori culturali che non aspettano altro che di essere riconosciuti dal mondo intero. Forse questo tesoro � troppo fragile perch� possa sopravvivere intatto una volta esposto all'aria fresca della competizione internazionale, come gli antichi affreschi romani in quella meravigliosa scena della Roma di Fellini, in cui cominciano a svanire il momento in cui sono raggiunti dalla luce del sole.
Questo narcisismo non � una specialit� slovena. Esiste, in diverse versioni, in tutta l'Europa orientale: diamo alla democrazia un maggior valore perch� abbiamo lottato per essa in tempi recenti, perch� non abbiamo mai potuto prenderla per scontata; sappiamo ancora cosa sia la vera cultura, perch� non siamo stati corrotti dalla cultura di massa americanizzata.
Rifiutare questa ossessione del tesoro nazionale nascosto non implica affatto odiare le proprie radici etniche. La questione � al tempo stesso semplice e crudele: tutti gli artisti sloveni che hanno dato un contributo rilevante a un certo punto hanno dovuto tradire le loro radici etniche, o isolandosi dalla cultura dominante slovena o lasciando il paese per qualche tempo, andando a vivere a Vienna o a Parigi. Lo stesso � stato vero per l'Irlanda: non solo James Joyce ha dovuto lasciare il proprio paese per scrivere l'Ulisse, il suo capolavoro su Dublino; Lo stesso Yeates, il poeta della rinascita nazionale irlandese, ha trascorso diversi anni a Londra. La maggiore minaccia alla tradizione nazionale sono i suoi custodi locali che mettono in guardia dal pericolo delle influenze straniere.
L'atteggiamento di superiorit� culturale slovena, inoltre, trova la sua controparte nel paternalistico luogo comune occidentale, che tende a caratterizzare i paesi post-comunisti dell'Europa dell'Est come una specie di povero cugino ritardato che potr� essere riammesso in famiglia solo se si comporta bene. Si ricordi la reazione della stampa ai risultati delle ultime elezioni in Serbia, che hanno visto trionfare i nazionalisti - � stato interpretato come un segnale del fatto che la Serbia non � pronta per entrare in Europa. Un processo simile sta avvenendo adesso in Slovenia: il fatto che i nazionalisti abbiano raccolto un numero sufficiente di firme per costruire una moschea a Ljubljana � abbastanza triste; il fatto che la maggioranza della popolazione pensi che la costruzione della moschea non dovrebbe essere consentita � ancora pi� triste; e gli argomenti addotti (dovremmo forse permettere che le nostre belle campagne siano sfregiate da un minareto che rappresenta il fondamentalismo barbarico?, ecc.) fanno vergognare di essere sloveni. In questi casi, la minaccia occasionale proveniente da Bruxelles non pu� che essere benvenuta: Mostrate tolleranza multiculturale, altrimenti...!
Questo quadro semplificato, per�, non rappresenta tutta la verit�. La prima complicazione: gli stessi paesi ex-comunisti che sono i pi� ardenti sostenitori della "guerra al terrorismo" degli Usa sono profondamente preoccupati che la loro identit� culturale, la loro sopravvivenza come nazione, sia minacciata dall'avanzata dell'"americanizzazione" culturale, il prezzo da pagare per accedere a pieno titolo al capitalismo globale. Siamo cos� testimoni del paradosso dell'anti-americanismo dei sostenitori di Bush. In Slovenia, i nazionalisti di destra si lamentano che la coalizione di governo di centro-sinistra, sebbene pubblicamente a favore di entrar a far parte della Nato e di appoggiare la campagna degli Usa contro il terrorismo, li stia segretamente sabotando, partecipandovi per ragioni opportunistiche e non perch� ne sia veramente convinta. Allo stesso tempo, per�, rimprovera alla coalizione di governo di indebolire l'identit� nazionale slovena, appoggiando la piena integrazione del paese nel capitalismo globale occidentale, annegando cos� il paese nella cultura pop americanizzata contemporanea. L'idea � che la coalizione dominante sostenga la cultura pop, gli stupidi intrattenimenti televisivi e il consumo sfrenato in modo da trasformare gli sloveni in una massa facilmente manipolabile, incapace di fare riflessioni serie e di prendere posizione su questioni etiche.
In breve, il ritornello � che la coalizione di governo difenda una sorta di "complotto liberal-comunista": la pi� completa immersione nel capitalismo globale viene percepita come l'ultimo, oscuro complotto degli ex-comunisti, che permetterebbe loro di restare al potere. Ironicamente, il lamento dei conservatori nazionalisti sul nuovo ordine socio-ideologico emergente assomiglia al modo in cui la New Left era solita descrivere la "tolleranza repressiva" della libert� capitalista come privazione della libert� stessa.
Questa ambiguit� dell'atteggiamento dell'Europa dell'Est trova una perfetta corrispondenza nell'ambiguo messaggio dell'occidente ai paesi ex-comunisti. Si ricordi la duplice pressione esercitata dagli Stati Uniti sulla Serbia nell'estate del 2003: i rappresentanti statunitensi chiedevano contemporaneamente di consegnare i sospetti criminali di guerra alla Corte dell'Aia (secondo la logica dell'impero globale che richiede un'istituzione giuridica transnazionale) e di firmare il trattato bilaterale con gli Stati Uniti, obbligando alla Serbia a non consegnare a nessuna istituzione internazionale (cio�, alla stessa corte dell'Aia) nessun cittadino statunitense sospettato di crimini di guerra o di altri crimini contro l'umanit� (secondo la logica dello stato-nazione). Non dovrebbe sorprendere che i serbi abbiano avuto una reazione di furia perplessa! E la stessa cosa sta avvenendo a livello economico: L'Europa occidentale, mentre mette pressioni alla Polonia perch� apra i suoi mercati agricoli alla concorrenza, inonda quegli stessi mercati con i prodotti agricoli sussidiati da Bruxelles.
Come navigano i paesi post-comunisti su questo mare con venti contrastanti? Se esiste un eroe etico nella ex-Yugoslavia dei tempi recenti, � Ika Saric, una modesta giudice croata, che nonostante le minaccie di morte e senza alcun supporto pubblico, ha condannato il generale Mirko Norac e i suoi colleghi a 12 anni di prigione per i crimini commessi nel 1992 contro la popolazione civile serba. Anche il governo di sinistra, temendo le manifestazioni dei nazionalisti di destra, si era� rifiutato di appoggiare pubblicamente e con fermezza il processo contro Norac. Eppure, proprio mentre la destra nazionalista minacciava grandi proteste che avrebbero rovesciato il governo, quando � stata emanata la sentenza, non � successo NIENTE. Le manifestazioni sono state molto pi� piccole del previsto e la Croazia si � "riscoperta" come uno stato in cui vige l'ordine della legge. E' stato importante che Norac non sia stato consegnato alla corte dell'Aia, ma condannato nella stessa Croazia, che ha potuto cos� dimostrare di non aver bisogno della tutela internazionale.
La vera dimensione di questo atto � stato nel passaggio dall'impossibile al possibile. Prima della sentenza, la destra nazionalista, con le sue organizzazioni di veterani, era percepita come una forza potente da non provocare, e la sentenza diretta percepita dalla sinistra liberale come qualcosa che "tutti vogliamo ma, sfortunatamente, non possiamo permetterci in un momento difficile come questo, perch� provocherebbe il caos". Tuttavia, quando a seguito dell'emanazione della sentenza non � successo niente, l'impossibile � diventato una routine. Se c'� una qualche dimensione da riscattare nella parola "Europa", allora questa azione � stata "europea" nel senso pi� esemplare del termine.
E se c'� qualcosa che rappresenta la codardia, � stato il comportamento del governo sloveno dopo l'inizio della guerra in Iraq. I politici sloveni hanno cercato disperatamente di trovare una terza via tra le pressioni statunitensi e il rifiuto della guerra da parte della maggioranza della popolazione slovena. In primo luogo, la Slovenia ha firmato la famigerata dichiarazione di Vilnius, per la quale � stata lodata da Rumsfeld e da altri e inclusa nella "nuova Europa" e nella "coalizione dei volenterosi" nella guerra contro l'Iraq. Tuttavia, dopo che il ministro degli Esteri ha firmato il documento, � cominciata una commedia dei dinieghi: il ministro ha sostenuto di aver consultato il presidente della repubblica e altri dignitari prima di firmare il documento; costoro hanno prontamente negato di essere stati messi al corrente della cosa; poi, tutti gli interessati hanno sostenuto che in nessun modo il documento appoggiasse un attacco unilaterale degli Usa contro l'Iraq, ma che invocasse un ruolo chiave delle Nazioni unite. Hanno specificato, cio�, che la Slovenia appoggiava il disarmo dell'Iraq, ma non un attacco militare contro il paese.
Alcuni giorni dopo, per�, � arrivata una brutta sorpresa da parte degli Stati Uniti: non solo la Slovenia era nominata tra i paesi facenti parte della "coalizione dei volenterosi", ma veniva designata come destinataria degli aiuti economici statunitensi riservati ai suoi partner nella guerra. Quel che � seguito � stato una farsa: la Slovenia ha dichiarato orgogliosamente di non voler partecipare nella guerra contro l'Iraq e di voler essere rimossa dalla lista. Due giorni dopo, � arrivato un documento imbarazzante: gli Stati Uniti ringraziavano ufficialmente la Slovenia per il suo aiuto e supporto. La Slovenia ha protestato nuovamente, dicendo di non desiderare alcun ringraziamento, e di non essere il corretto destinatario di quella lettera, quasi come per dire: "per favore, non meritiamo la vostra gratitudine", come se ringraziarci fosse la cosa peggiore gli Stati Uniti potessero fare. Generalmente gli stati protestano quando vengono criticati ingiustamente; la Slovenia protesta quando riceve segni di gratitudine. In breve, la Slovenia si � comportata come se non fosse il vero destinatario della lettera di elogi - ma noi sappiamo che, anche in questo caso, la lettera era arrivata alla giusta destinazione. L'ambiguit� degli europei dell'Est quindi, non fa altro che riflettere le incoerenze dell'Europa occidentale. Ormai vecchio, Freud ha posto la famosa domanda: "Was will das Weib?" ("Cosa vuole la donna?"), ammettendo la sua perplessit� davanti all'enigma della sessualit� femminile. E una perplessit� simile ci si presenta oggi, mentre i paesi ex-comunisti fanno il loro ingresso nell'Unione europea: di che Europa entrano a far parte?
Da molti anni, chiedo con insistenza che rinasca un nuovo "eurocentrismo di sinistra". In parole povere, vogliamo vivere in un mondo in cui le uniche due opzioni sono la civilizzazione americana e quella autoritaria-capitalista cinese emergente? Se la risposta � no, allora l'unica alternativa � l'Europa. Il terzo mondo non pu� generare una resistenza abbastanza forte all'ideologia del sogno americano; nello scenario attuale, solo l'Europa pu� farlo. La vera opposizione oggi non � tra il primo e il terzo mondo, ma tra tutto il primo mondo e il terzo mondo (l'impero globale americano e le sue colonie) e il restante secondo mondo (l'Europa). Parlando di Freud, Theodor Adorno sosteneva che quello a cui stiamo assistendo nel nostro "mondo amministrato" contemporaneo e la sua "desublimazione repressiva" non � pi� la vecchia logica della repressione dell'inconscio e delle sue motivazioni, ma un patto perverso e diretto tra il superego punitivo e le spinte aggressive e illecite dell'inconscio, a spese dell'azione razionale dell'io. Non sta forse avvenendo qualcosa di strutturalmente simile a livello politico, uno strano patto tra il capitalismo post-moderno e le societ� pre-moderne, a spesa della vera modernit�? E'� facile per l'impero globale e multiculturale americano integrare le tradizioni culturali pre-moderne; il corpo estraneo che non riesce ad assimilare � la modernit� europea. La Jihad e McWorld sono due facce della stessa medaglia. La Jihad � gi� McJihad.
Anche se la "guerra al terrore" si presenta come la difesa dell'eredit� democratica, gioca con il pericolo chiaramente percepito un secolo fa da G. K. Chesterton che, nella sua "Ortodossia", ha spiegato il "vicolo cieco" dei critici della religione: "Gli uomini che cominciano a lottare contro la Chiesa in nome della libert� e dell'umanit� finiscono per gettare via la libert� e l'umanit� solo per combattere contro la Chiesa... i laicisti non hanno distrutto le cose divine, ma hanno distrutto quelle secolari, se la cosa pu� consolarli".
La stessa cosa non si applica forse oggi ai sostenitori della religione? Quanti difensori fanatici della religione hanno cominciato attaccando ferocemente la cultura laica contemporanea, finendo per rinunciare a qualunque esperienza religiosa significativa? Similmente, molti guerrieri liberal sono cos� inclini a lottare contro il fondamentalismo anti-democratico che finiranno per gettar via la libert� e la democrazia in nome della guerra al terrore. Vogliono dimostrare cos� appassionatamente che il fondamentalismo non-cristiano � la principale minaccia alla libert�, che sono pronti sostenere che dobbiamo limitare la nostra libert� qui e ora, nelle nostre presunte societ� cristiane. Se i "terroristi" sono pronti a distruggere questo mondo per amore di un altro mondo, chi combatte contro il terrore � disposto a distruggere il proprio mondo democratico per odio nei confronti dell'"altro" musulmano. Alcuni di essi amano cos� tanto la dignit� cristiana che sono pronti a legalizzare la tortura - il massimo degrado della dignit� umana - per difenderla. E, sulla stessa linea, potremmo perdere "l'Europa" proprio nel tentativo di difenderla.
L'anno scorso, una terribile decisione dell'Unione europea � passata pressoch� inosservata: un piano per creare una polizia di frontiera europea per assicurare l'isolamento del territorio dell'Unione e impedire il flusso di immigranti. QUESTA � la verit� della globalizzazione: la costruzione di NUOVI muri per salvaguardare la prospera Europa dal flusso di immigranti. Sarei tentato di risuscitare qui la vecchia opposizione "umanista" di Marx fra le "relazioni fra le cose" e le "relazioni tra le persone": nella tanto celebrata "libera circolazione" permessa dal capitalismo globale, sono le "cose" (le merci) che circolano liberamente, mentre la circolazione delle "persone" � sempre pi� controllata. Questo nuovo razzismo dei paesi sviluppati � molto pi� brutale, per certi versi, del razzismo del passato. La sua legittimazione implicita non � naturalista (la "naturale" superiorit� dell'occidente sviluppato) n� culturalista (anche noi in occidente vogliamo preservare la nostra identit� culturale), ma uno sfacciato egoismo economico - la divisione fondamentale � tra coloro che sono inclusi nella sfera della prosperit� economica (relativa) e coloro che ne sono esclusi.
Quel che troviamo pericoloso e condannabile nella politica e nella civilt� statunitense � dunque PARTE DELLA STESSA EUROPA, non uno dei possibili esiti del progetto europeo. Non c'� posto per l'arroganza compiacente: gli Stati Uniti sono uno specchio distorto dell'Europa stessa. Negli anni '30, Max Horkheimer ha scritto che coloro che non vogliono parlare (criticamente) del liberalismo dovrebbero tacere anche sul fascismo. Mutatis mutandis, dovremmo dire lo stesso a coloro che criticano il nuovo imperialismo statunitense: chi non vuole assumere un atteggiamento critico nei confronti della stessa Europa, dovrebbero tacere anche sugli Stati Uniti.
Questa, allora, � l'unica vera domanda al di l� delle celebrazioni auto-compiaciute che accompagnano l'allargamento dell'Unione europea: Di CHE tipo di Europa entriamo a far parte? E davanti a una domanda del genere, noi, della "vecchia" e "nuova" Europa, siamo tutti sulla stessa barca.

Nessun commento: