domenica 2 novembre 2008

Libertà di stampa

http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=8154

di Ennio Remondino, Megachip - da Dnews

Non è la prosperità economica ma la pace a garantire la libertà di stampa. Lo scopre l'organizzazione Reporters sans frontières , nella classifica mondiale di quest'anno. 173 i paesi sotto esame, con molti risultati sorprendenti e alcune conferme. Partiamo dal peggio: “Il trio infernale” -giornalisticamente parlando- di Turkmenistan (171esimo), Corea del Nord (172esima), Eritrea (173esima).

Il mondo del dopo 11 settembre lascia le grandi democrazie sulla difensiva, con tentazioni che nel nome della sicurezza minacciano le libertà civili. Sovente, autoritarismo dietro lo schermo delle guerre dichiarate in nome della lotta contro il terrorismo. Emblematiche, a questo proposito la situazione di Stati Uniti e Israele. Doppia classifica per loro: punteggio di “democrazia stampa” interna ed esterna. Gli Usa ottengono un onorevole 41esimo posti sul territorio americano, ma finiscono a 119 (dopo l'Angola e subito prima dell'amica Georgia) sui territori da loro controllati fuori delle frontiere nazionali. Situazione analoga per Israele (46esimo sul territorio israeliano, 149esimo fuori delle frontiere nazionali), dove, per la prima volta dal 2003, un giornalista palestinese è stato ucciso dall'esercito israeliano.

Altra minaccia, i tabù religiosi o politici, in espansione, mentre, contemporaneamente le organizzazioni internazionali, l'ONU per prima, perdono lentamente la loro autorità sugli Stati membri. Novità consolatoria, i progressi di piccoli Paesi economicamente deboli, che garantiscono comunque alla loro popolazione il diritto di non essere della stessa opinione del governo e di esprimerlo pubblicamente. Accade soprattutto nella nostra Europa, sia quella dell'Unione sia la parte vicina. Prima considerazione. La testa di classifica, il meglio mondiale della libertà di stampa, sta tutto al nord del nostro continente: Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Estonia, Finlandia, Irlanda. Fuori del “medagliere” ma con risultati sorprendenti, le “neo comunitarie” Slovacchia (7° posto) e Repubblica Ceca (16°). Qualche sorpresa, non del tutto piacevole, la classifica dei “sei grandi” dell'Unione, democrazie e potenze economiche guida: Germania 20° posto, Gran Bretagna 23°, la Francia di Sarkosy al 35° (battuta da Slovenia e Grecia), Spagna 36° e l'Italia in coda (44° posto), superata persino da Bosnia-Herzegovina e Macedonia. I problemi nostri riguardano la pluralità nelle emittenti televisive (tanto per non fare sempre il nome di Berlusconi) ed oggi anche l'intervento di qualche pezzo di magistratura che, incurante dei vincoli della Corte di giustizia europea, ordina perquisizioni contro giornali e giornalisti sulle loro fonti.

Maglie nere dell'Unione, Polonia, Romania e Bulgaria. Sguardo di curiosità dovuto per i nostri vicini balcanici, sempre in bilico tra ammissione o esclusione dall'Unione. Ben classificate, abbiamo visto, Bosnia e Macedonia (si parla di libertà di informazione e non certo di stabilità politica e sviluppo economico), mentre a seguire l'Italia troviamo la Croazia (46°), il Montenegro a 53, il Kosovo (in classifica come Stato indipendente) 58°, con Belgrado che rosica sia per l'inclusione del Kosovo sia per il suo 64° posto. Anche in Serbia, qualche problema con l'utilizzo della televisione pubblica. Fanalino di coda balcanico, dopo lo Zambia e prima della Guinea, l'Albania cui l'Italia investe tanta attenzione e si assume tante responsabilità.

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