martedì 4 novembre 2008

4 novembre ... ma quale festa?

una lettera che mi piace riportare...

Francesco Gesualdi
Se il problema di La Russa fosse l'ignoranza, basterebbe mandargli una copia della lettera che il mio Priore e maestro, don Lorenzo Milani, scrisse ai cappellani militari nel lontano 1965, dalla piccola scuola di Barbiana
Francesco Gesualdi
Se il problema di La Russa fosse l'ignoranza, basterebbe mandargli una copia della lettera che il mio Priore e maestro, don Lorenzo Milani, scrisse ai cappellani militari nel lontano 1965, dalla piccola scuola di Barbiana. Apprenderebbe, documenti alla mano, che la guerra del ‘15-18 fu un'aggressione all'Austria, una guerra che si poteva evitare:"Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti." Una guerra di cui vergognarsi, da mantenere nei libri di storia solo per ricordare ai giovani fino a che punto può arrivare il disprezzo di classe: a morire negli assalti alla baionetta non erano gli ufficiali, figli della borghesia, ma i contadini, i montanari, gli analfabeti.
Il guaio è che a La Russa non interessa nè la storia, nè la verità. L'unica cosa che gli interessa è il potere violento, la violenza, la forza, la repressione, come elemento che caratterizza il fascismo e che lo contraddistingue dalle altre forme di potere. Perchè i fascisti propendano per la violenza rimane un mistero, la materia è più da psicologici e psiconalisti, che da ricercatori politici. Ma così è, e se vogliamo capire perchè La Russa vuole tornare a commemorare il 4 novembre nelle scuole d'Italia è da qui che dobbiamo partire. Una richiesta che non va letta come fatto isolato, ma associata a molti altri provvediementi di questo governo. Un filo rosso, anzi nero, collega la proposta di La Russa al decreto Gelmini e addirittura alle attività che Silvio Berlusconi porta avanti da una vita. Il filo nero si chiama demolizione della democrazia, un progetto che avanza su tre fronti: mantenimento della gente nell'ignoranza, controllo dell'informazione, distrazione e sostituzione del senso di classe. Da oltre trent'anni Berlusconi si dedica al secondo fronte, aveva capito che chi controlla l'informazione controlla non solo le menti, ma la stessa realtà: non è successo ciò che è avvenuto, è successo ciò che la televisione racconta. Così la televisione crea fatti, li distorce, li interpreta, di conseguenza produce opinione, confeziona giudizi, incanala i sentimenti, orienta le scelte, fabbrica eroi e nemici. Tutti sanno che Berlusconi ha vinto grazie alle sue televisioni ed è grave che nei periodi in cui il centrosinistra era al governo non abbia mai introdotto una riforma sul controllo televisivo, non abbia rivisto la legge elettorale, non abbia varato una legge sul conflitto d'interessi. Ed è stata punita.
Il pensiero unico ha tanta più possibilità di attecchire quanto più la gente è senza strumenti culturali: nell'ignoranza la complessità spaventa, si rinuncia a capire, si ripiega verso l'informazione sbrigativa, ci si butta nelle braccia di chi ci dà spiegazioni semplici fino ad incoronarlo re. Il progetto autoritario perseguito da Berlusconi ha bisogno di ignoranza, un obiettivo che si ottiene impoverendo la scuola. A questo serve il decreto Gelmini, a declassare così tanto la scuola pubblica da farla diventare parcheggio dei poveri mentre i ricchi fuggono verso le scuole private. Il solito apartheid, che ai figli dei ricchi riserva tempo pieno, classi poco numerose e insegnanti multipli fin dalla materna; ai figli dei poveri orario ridotto, aule sovraffollate, insegnanti insufficienti che al colmo della disperazione rinunciano al ruolo educativo e si trasformano in sorveglianti che annotano sul registro i buoni e cattivi.
Ma anche i poveri ignoranti, quando pagano di persona, possono avere un moto di ribellione e possono farsi pericolosi, per questo servono i depistatori, gli addetti alla distrazione di massa che si possono suddividere in due categorie: i fabbricanti di streghe e i fabbricanti di feticci. Ai giorni nostri, il capostipite del primo genere è la Lega Nord che getta la responsabilità di tutti i malanni d'Italia sugli immigrati, la vecchia tattica di incanalare la rabbia verso i più deboli, additandoli come brutti, sporchi, delinquenti e accattoni, mentre i veri ladri se la spassano con la complicità della classe politica: imprenditori, banchieri, assicuratori, palazzinari, mafiosi, che si arricchiscono all'inverosimile grazie alla precarietà del lavoro, alle truffe alle spalle dei risparmiatori, all'evasione fiscale, alla speculazione finanziaria, alla corruzione di stato. Del resto l'operazione non è difficile, fa leva su due paure ataviche. La prima verso la povertà, la miseria: ne abbiamo così tanta paura che cerchiamo di esorcizzarla escludendo ed odiando chi la impersonifica. La seconda verso lo straniero, la cultura fascista ci ha abituati a concepirlo come il nemico e non c'è da stupirsene: non c'è capro espiatorio più comodo di un popolo lontano che la propaganda può dipingere al pari di un diavolo. Così arriviamo all'altra grande operazione di distrazione di massa, la costruzione di idoli, feticci, che hanno lo scopo di camuffare la realtà, distogliere l'attenzione dalle ingiustizie che viviamo. Ed ecco la messa in campo del concetto di patria, il tentativo maldestro di nascondere le divisioni di classe sotto una malcelata unità territoriale minacciata dall'inimicizia dello straniero. Con la sua mossa sulla prima guerra mondiale, La Russa punta a rinfocolare feticci fascisti caduti in disuso. Forse avrebbe preferito farlo evocando una vittoria più moderna, ma la guerra in Afganistan si prospetta ancora lunga e dagli esiti incerti. In mancanza di meglio va bene anche un'anticaglia di un secolo fa, quantunque debba vedersela con la Lega Nord, suo alleato, che sui confini di patria ha altre idee. Per parte mi rifaccio ad un altro passaggio della lettera scritta da don Lorenzo Milani ai cappellani militari: "Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri".

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